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Cancro ovarico e mutazioni genetiche

Cancro ovarico e mutazioni genetiche

Sono una paziente oncologica dal 2019, anno in cui mi è stato diagnosticato un carcinoma ovarico sieroso di alto grado, particolarmente aggressivo e avanzato (stadio IIIC). Da allora, ho vissuto un percorso impegnativo nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN), con molteplici interventi chirurgici e cicli di chemioterapia, e ho sperimentato in prima persona l'importanza, ma anche gli ostacoli, nell'accesso a risposte innovative.

All'inizio, mi è stato chiesto di sottopormi a uno studio genetico, che ha concluso che ero portatrice della mutazione genetica BRCA1. Questa mutazione non è solo legata a un aumento del rischio di cancro ovarico, ma anche di cancro al seno. Non appena ho completato il protocollo di chemioterapia iniziale, mi è stato prescritto un inibitore di PARP, una terapia di mantenimento di prima linea avanzata e promettente per prevenire le recidive e contribuire a più anni di vita libera dalla malattia. All'epoca, poiché il finanziamento per questo farmaco non era ancora stato approvato in Portogallo, è stata presentata una richiesta a Infarmed, che è stata respinta con la motivazione che "la mia vita non era a rischio immediato". Solo tre anni dopo, in una situazione più fragile, dopo aver subito una recidiva e aver subito due interventi chirurgici molto estesi e un nuovo ciclo di chemioterapia, ho finalmente avuto accesso al farmaco.

Questa esperienza solleva interrogativi che non possono essere ignorati. Il tumore ovarico continua a essere una delle malattie più letali tra le donne portoghesi, diagnosticato quasi sempre tardivamente a causa della mancanza di screening efficaci, anche a livello mondiale, e perché spesso presenta sintomi aspecifici. In questo contesto, l'informazione, soprattutto quella genetica, è fondamentale.

Gli studi indicano che il 10-15% dei casi di tumore ovarico è ereditario, con le mutazioni BRCA1 e BRCA2 più diffuse. Comprendere questa predisposizione potrebbe cambiare radicalmente l'approccio alla malattia, consentendo misure preventive e trattamenti più efficaci in una fase precoce. Tuttavia, i test genetici rimangono ancora fuori dalla portata di molte donne.

In questo scenario difficile per pazienti, familiari, operatori sanitari, medici e l'intera comunità scientifica, una delle nostre missioni più importanti presso la MOG Association è quella di aumentare la cultura della salute, sensibilizzando le donne ad ascoltare i segnali del proprio corpo e a cercare supporto medico se i sintomi persistono per più di due settimane.

Più che mai, è necessario rompere il silenzio sul tumore ovarico e parlare apertamente di sintomi e opzioni diagnostiche. È molto importante, anche nelle donne sane, non dimenticare mai di informare il medico di famiglia della storia familiare in caso di diagnosi o decessi per tumore al seno o alle ovaie (nelle donne) o alla prostata e al seno (negli uomini). Nelle donne a cui è già stata diagnosticata la malattia, spetta all'oncologo indirizzare la paziente, in una fase precoce del percorso, a un test presso un Centro di Oncogenetica della zona, al fine di pianificare in anticipo le strategie più appropriate.

L'informazione non è inevitabile; al contrario, è potere, apre porte e percorsi di speranza. È un'opportunità per agire per prevenire e, con l'aiuto dei medici e della scienza, per costruire un futuro diverso per noi stessi e per chi ci circonda.

Soprattutto, è tempo di garantire che l'accesso all'innovazione non dipenda dalla burocrazia, ma piuttosto dall'evidenza scientifica e dall'urgenza clinica. La ricerca scientifica salva vite umane, sofferenze e anche risorse finanziarie.

observador

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