Solo due crisi hanno colpito gli ecosistemi erbivori

Uno studio rivela che gli ecosistemi dei grandi erbivori sono rimasti sorprendentemente stabili per 60 milioni di anni, nonostante l'avvento e la scomparsa di specie diverse, fatta eccezione per due cambiamenti ambientali globali.
Un team internazionale di scienziati, guidato dall'Università di Göteborg in Svezia, ha analizzato i reperti fossili di oltre 3.000 grandi erbivori.
Il primo grande spostamento si verificò circa 21 milioni di anni fa, quando la deriva dei continenti chiuse l'antico mare della Tetide e formò un ponte di terra tra l'Africa e l'Eurasia.
Questo nuovo corridoio terrestre diede inizio a un'ondata di migrazioni che trasformò gli ecosistemi di tutto il pianeta.
Tra i viaggiatori c'erano gli antenati degli elefanti moderni, che si erano evoluti in Africa e stavano iniziando a diffondersi in Europa e in Asia.
Ma anche cervi, maiali, rinoceronti e molti altri grandi erbivori si sono spostati in nuovi territori, alterando l'equilibrio ecologico.
Il secondo cambiamento globale si verificò circa 10 milioni di anni fa, quando il clima terrestre divenne più freddo e secco. L'espansione delle praterie e il declino delle foreste portarono all'emergere di specie erbivore con denti più forti e alla graduale scomparsa di molti erbivori delle foreste. Ciò segnò l'inizio di un lungo e costante declino della diversità funzionale di questi animali, ovvero della varietà dei ruoli ecologici che svolgevano.
Nonostante queste perdite, i ricercatori hanno scoperto che la struttura ecologica complessiva delle grandi comunità di erbivori è rimasta sorprendentemente stabile.
Anche quando molte delle specie più grandi, come i mammut e i rinoceronti giganti, si sono estinte negli ultimi 129.000 anni, la struttura di base dei ruoli all'interno degli ecosistemi è rimasta invariata.
"È come una squadra di calcio che cambia giocatori durante la partita, ma mantiene la stessa formazione", ha sottolineato Ignacio A. Lazagabaster, ricercatore del CENIEH in Spagna e coautore dello studio, citato in un comunicato stampa.
"Sono entrate in gioco specie diverse e le comunità sono cambiate, ma hanno svolto ruoli ecologici simili, quindi la struttura complessiva è rimasta la stessa", ha aggiunto.
Questa resilienza si è mantenuta negli ultimi 4,5 milioni di anni, resistendo fino a oggi a ere glaciali e altre crisi ambientali. Tuttavia, i ricercatori avvertono che la continua perdita di biodiversità, accelerata dall'attività umana, potrebbe alla fine sopraffare il sistema.
"I nostri risultati dimostrano che gli ecosistemi hanno una capacità di adattamento impressionante. Ma questa volta il ritmo del cambiamento è molto più veloce. C'è un limite. Se continuiamo a perdere specie e ruoli ecologici, potremmo presto raggiungere un terzo punto di non ritorno globale, che stiamo contribuendo ad accelerare", ha affermato Juan L. Cantalapiedra, ricercatore presso il MNCN (Museo Nazionale di Scienze Naturali) e autore principale dello studio.
observador